CHE BREXIT CI AZZECCA CON IL RUGBY

CHE BREXIT CI AZZECCA CON IL RUGBY

CHE BREXIT CI AZZECCA CON IL RUGBY

Mentre il Regno Unito si avvicina sempre di più al 29 marzo, data pianificata per lasciare l’Unione europea, c’è una notevole quantità di incertezza su ciò che potrebbe significare per la Rugby Premiership (Campionato di Rugby UK), RFU, Competizioni Europee ed ovviamente Torneo delle Sei Nazioni.

Ci saranno implicazioni economiche, con Mark Carney, Governatore della Banca d’Inghilterra, che avverte che uno scenario “senza accordo” vedrà il valore della sterlina cadere, i tassi di interesse salire e il rischio di un’altra recessione. Anche le proiezioni più ottimistiche prevedono ancora un calo dell’1-2% nel PIL del Regno Unito.

Le implicazioni finanziarie giocheranno un ruolo chiave nel rugby. Se la sterlina si indebolisce, i club inglesi dovranno affrontare nuove e importanti sfide nell’ essere competitivi in ambito reclutamento e mantenimento di giocatori rispetto alle squadre operanti nei paesi che utilizzano l’euro o lo yen. Dato che il rugby di club in UK diviene sempre meno sostenibile considerate le soglie di salario attuali vi sarà certamente un impatto in considerazione della competizione con il potere di acquisto all’estero. Un’area in cui i club di Premiership saranno significativamente colpiti è nell’ammissibilità dei loro giocatori.

Se il 29 marzo entrerà in scena uno scenario “senza accordo”, si concluderà completamente la collaborazione britannica con l’UE, che ridefinirà in modo significativo ciò che definisce un “giocatore straniero” nella remiership. Attualmente, qualsiasi giocatore che abbia un passaporto UE o un passaporto di una nazione associata, come Figi, Samoa, Tonga o Sud Africa, attraverso l’Accordo di Cotonou, non è classificato come giocatore straniero nel rugby inglese. Hanno gli stessi diritti e capacità di lavorare nel paese come “giocatore inglese” e non possono essere soggetti a quote. Vengono regolarmente definiti “giocatori Kolpak”, un termine che nasce dalla sentenza legale vincente di Maroš Kolpak di avere i diritti di un lavoratore dell’UE, in quanto cittadino di un paese che aveva un accordo di associazione con l’UE.  Questo lascia definibili come giocatori stranieri quelli australiani o neozelandesi che non si qualificano per rappresentare una nazione UE. Anche i giocatori non UE e non Kolpak che sono sposati con un cittadino dell’UE sono esentati dallo status di giocatore straniero. Mentre il rugby inglese non può applicare quote ai giocatori Kolpak o ai lavoratori dell’UE a causa del diritto dell’UE, è riuscito a trovare un equilibrio nel garantire che i giocatori qualificati “inglese” (EQP) siano ben rappresentati, stabilendo una quota (coinvolgimento dell’EQP), che i club devono ricevere come finanziamento dalla RFU.

Se il Regno Unito lascerà l’Europa senza accordi, tutti i giocatori dei paesi dell’UE, delle isole del Pacifico e del Sud Africa – così come il Kenya, lo Zimbabwe e la Namibia – che non sono qualificati britannici, saranno classificati come giocatori stranieri. Questo sarebbe quindi un ulteriore problema per tutti i giocatori qualificati scozzesi e gallesi, senza passaporto britannico, che giocano in Premiership. Se si raggiungerà un accordo di uscita, questi problemi non saranno evitati, ma solo procastinati con la libertà di movimento che si concluderà nel Regno Unito dopo un potenziale periodo di transizione. Finché il periodo di transizione sarà in vigore, tutti i giocatori di Kolpak manterrebbero i diritti come lavoratori di cui attualmente godono nel Regno Unito. Un gruppo di giocatori che dovrebbe evitare tutto ciò che li riguarda interamente sono i giocatori irlandesi, il cui status nel Regno Unito è garantito dal Common Travel Agreement, una parte fondamentale dell’Accordo del Venerdì Santo e qualcosa che è stato garantito dal governo del Regno Unito. Ciò che dovrebbe preoccupare i dirigenti della Premiership del rugby, della Federazione Inglese (RFU) tuttavia, è quanto abbiano investito sui giocatori Kolpak sia a livello di Club che di Nazionale.

La Premiership al momento consente solo due “giocatori stranieri” in lista gara.

Un esempio da lista gara di giornata Campionato Premiership:

Club (* denotes sides who did not answer requests for confirmation on players’ statuses or opted not to provide any at time of publication) Number of players in 23 currently deemed ‘foreign’ by Premiership criteria Number of additional players in 23 who would be deemed ‘foreign’ should the UK leave the EU with no deal, ending involvement in Kolpak agreement/EU law jurisdiction
Bath* 1 4
Bristol Bears 1 6
Exeter Chiefs* 2 1
Gloucester* 1 3
Harlequins 1 1
Leicester Tigers* 2 3
Newcastle Falcons* 0 6
Northampton Saints* 2 6
Sale Sharks 2 3
Saracens* 0 3
Wasps* 2 4
Worcester Warriors 0 4

È un potenziale campo minato di interpretazioni, ma le prospettive non sono positive. Lo scenario migliore per i club della Premiership sarebbe un accordo da concordare che almeno dia loro un periodo di transizione per reclutare e rilasciare i giocatori di conseguenza per le stagioni successive, o che la Premiership cambi drasticamente le regole sulla eleggibilità. 

In alternativa, se nessun accordo dovesse essere il risultato per il 29 marzo, un paio di club della Premiership, come Harlequins, Saracens ed Exeter, che saranno chiaramente in grado di schierare squadre forti e soddisfare i criteri della Premiership, potrebbero imporre un duro richiamo affinché le attuali regole di ammissibilità rimangano in vigore almeno fino alla stagione 2019/20. Questo sarebbe un colpo potenzialmente devastante per Club del calibro di Bristol, Northampton, Sale e Newcastle. Un’altra interessante nota a margine della Brexit sono le potenziali ripercussioni all’interno della Heineken Champions Cup e della European Rugby Challenge Cup.

La ricerca dell’avvocato Tim O’Connor ha evidenziato che i criteri di idoneità di European Professional Club Rugby (EPCR) stabiliscono che una squadra può selezionare solo un massimo di due giocatori ‘non europei’ nella propria lista gara. Come per i criteri di eleggibilità in Premiership, ciò significa che i giocatori Kolpak non europei non contano per questo conteggio. È interessante notare che O’Connor sottolinea che se il Regno Unito lascia l’UE senza un accordo, diventa una terza parte. I giocatori inglesi, scozzesi e gallesi non sarebbero più classificati come “europei” dalla presunta definizione dell’EPCR e non sono nemmeno giocatori Kolpak. Sarebbero, logicamente, diventati “giocatori non europei”, di cui sono ammessi solo due nella lista gara dei 23 giocatori refertabili.

Il 29 marzo è il venerdì del quarto di finale nelle Champions e Challenge Cup ………………………

La Premiership potrebbe essere in grado di modificare i suoi criteri di eleggibilità oltre il 29 marzo se tutti i club partecipanti fossero d’accordo, ma quale incentivo ci sarebbe per i club francesi, irlandesi e italiani di fare altrettanto nella competizione europea? È giusto dire che la Brexit non è stata gestita bene a livello governativo, ma tutti i club della Premiership sono stati consapevoli del referendum, del risultato e dei potenziali risultati degli ultimi anni, quindi non c’è davvero alcuna scusa. Il panorama del rugby inglese e britannico cambierà drammaticamente nel 2019.

Aggiornamento: la RFU ha inserito un emendamento nella definizione di “giocatore straniero” che afferma che “nel caso di eventuali modifiche governative che influiscono su questa definizione durante la stagione, lo status quo prevarrà per la stagione 2018-19″…… dopo la RWC ne vedremo delle belle nella gestione della Federazione del Rugby tra le più potenti se non la più potente a livello Mondiale e IRB.

Fonte : RUGBYPASS by Alex Shaw

Marzio Zanato

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